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LA STORIA DI MEZZO CULO

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Messaggio  EL DIEGO Gio Mag 08, 2008 12:02 pm

Stava una volta, una famiglia e stava il padre, la madre e l’figh.
Mo na dì facev nu frid’, ma nu frid’, che i figli incominciarono a sudare per la fame, e dicevano alla mamma: “Mammà, fasc frid, lo sai come ci starebbero bene due panzarotti…li dobbiamo fare?”.
“Eh…je ver”, disse la mamma, “Col frid’ ca fasc ci vorrebbero due panzerotti, ma intanto come dobbiamo fare? La frisola non la teniamo…”
“Mammà, e non la possiamo chiedere in prestito da qualcuno?”
“Si potremmo…!”, disse la mamma, “ Però…non lo so, vabbè, sai che facciamo? Vai da Mezzo Culo e fattela dare, però non lo chiamare con il soprannome, chiamala Angelina!”.
La figlia così fece.
Bussò alla porta:
“Chi è?”,
“Sono io, apri Angelina”,
“Che vuoi bambina?”,
“Mi manda mamma, ha detto se le puoi dare in prestito la frisola, tra una mezz’ora te la riporto indietro”.
“E che dovete fare?”,
“Dobbiamo fare le frittelle, due panzerotti…”, disse la ragazzina,
“Oggi con questo freddo sono proprio adatti!”, disse Mezzo Culo, “Io ti do la frisola, dillo a mamma, però tu mi devi portare qualche frittella e panzerotto, se no la frisola non te la do! Vabbù?!”.
“Si Angelina”, disse la ragazzina, “Lo dico a mamma, stai sicuro che non siamo scortesi…”.
“Tieni la frisola e vattin”, disse Mezzo Culo.
Tornò a casa tutta imprisciata, come arrivò la fece vedere alla mamma, la mandò a prendere la massa da quella che vende il pane e incominciò a preparare tutte le cose che ci volevano.
Finito di friggere, una frittella a uno, una frittella all’altro, una panzerotto a uno e un panzerotto a un altro, finì che in piatto rimase vacante.
“Madò, e mo come dobbiamo fare per Mezzo Culo?”, disse la mamma,
“Io”, disse la figlia, “Non tengo proprio la faccia di riportargli indietro la frisola senza portargli il piatto di frittelle e panzerotti che gli ho promesso!”.
“Mo sai che dobbiamo fare?, disse la mamma, “Visto che la massa è finita, prendiamo il mangime per le galline e facciamo una sotto specie di massa.
Poi pulirono i tegami è ricavarono qualche cucchiaio di carne fritta, un po’ di ricotta, qualche granello di zucca, ma intanto queste cose erano troppo poche per riempire i panzerotti…
Allora i figli si dettero da fare…chi uccideva magnotte, chi topi, chi prese un po’ di fango e impastarono tutto, qualche pignelo pure…fecero alcune frittelle e panzerotti, la mamma preparò un bel piattino, lo coprì con un fazzoletto e lo dette da portare alla figlia insieme alla frisola.
Disse: “Ecco, vai da Mezzo Culo, dagli tutte le cose, chiamala Angelina non Mezzo Culo, e digli: Angelina, questo è il piatto delle frittelle, questa è la frisola, buon appetito e statti calmo calmo”.
La bambina così fece, come Mezzo Culo ebbe il piatto di frittelle e panzerotti subito disse: “ Grazie, porta tanti saluti a mamt’.”.
Come la bambina andò via menò una mano al piatto e tirò il primo morso a un panzerotto, capitò il posto dove stava la ricotta, “ Buono”, disse Mezzo Culo mentre masticava con tutto il gusto, tirò un altro morso dove stava magnotta, non se ne accorse, “ Buono!”, disse ancora Mezzo Culo, come stava per tirare l’altro morso vide proprio la capa della magnotta…
Butto tutte le cose n’derr, iniziò a menare sentenze e a gastemare come un matto, “Goccia a loro, che hanno messo qua dentro…?!”, aprì tutti i panzerotti e iniziò a trovare dentro tutte le cose schifose, si alzò dalla sedia tutto agitato, era diventato rosso come il peperoncino, prese il resto del panzerotto e lo sbattè a terra come un polpo, subito si menò la gatta per mangiarlo…ma come mise il naso che devi fare…manco la gatta lo voleva.
“Ah, così è il fatto”, disse Mezzo Culo, “Voi avete pensato di prendere per fesso a me? Mo mi devo vendicare, vi devo prendere e vi devo uccidere a tutti quanti, quanto è vero che mi chiamo Mezzo Culo!”.
La vicina di casa come sentì gridare Mezzo Culo subito corse ad avvisare la mamma della bambina, che tutta trafelata iniziò a prendere il sapone e iniziò a stenderlo sui gradini che portavano alla casa, nella speranza che come Mezzo Culo doveva salire, subito doveva scivolare e si doveva sfraganare e doveva andarsene.
Così fecero, spalmarono i gradini di sapone, presero il letto e il comò e li misero dietro alla porta, poi corsero a nascondersi uno dietro alla pianta, uno dentro lo stipo, uno dentro la credenza, un altro sotto il letto insieme alla mamma e aspettarono che Mezzo Culo si sfogasse.
Mezzo Culo invece si vestì a morte, con un lenzuolo addosso e un tre piedi rivoltato in testa con 3 candele ognuna su ogni gamba e incominciò a salire…
Si prese un bastone di ferro e un campanaccio, come arrivò davanti al portone gridò: “Mo vengo, e mo dobbiamo fare i conti!”.
La mamma e i figli che stavano nascosti si spaventarono e per la paura si fecero piccoli come a un pollice.
Così Mezzo Culo suonò il campanello, e disse: “Mo salgo il primo gradino…!”, ma come fece per mettere il piede scivolò per il sapone che stava e si spezzò una gamba… “Ah, maledetti a voi”, gridò per il dolore e per la rabbia, “Ah, se vi prendo sotto..!”.
Suonò di nuovo il campanello, fece per salire e scivolò e si spezzò l’altra gamba.
Mezzo Culo menava fuoco, le maledizioni arrivavano in cielo, dentro alla casa la mamma e i figli si fecero addosso per la paura, ma Mezzo Culo non si fermava, suonò ancora, “Sto a salire il terzo gradino!”, ma cadde e si spezzo un braccio, gridò talmente forte che le urla arrivarono fino a casa del diavolo.
“Sto a salire il quarto gradino!”, come fece per salire, manco a dirlo, si spezzò l’altro braccio!
Ma nonostante ciò arrivò sopra, con il veleno e la rabbia alla bocca, dette una mazzata di mezzo culo e aprì la porta.
Il letto e il comò volarono via e andarono a finire contro il muro, Mezzo Culo tutto arrabbiato voleva paglia per cento cavalli, scoprì il letto e come vide la mamma e il figlio in un niente li prese e li uccise.
Andò girando da tutte le parti, girava da una parte all’altra, trovò un figlio dentro al comò e lo uccise, trovò l’altro dentro l’armadio e l’uccise, insomma uccise a tutti tranne a quello che stava dietro alla pianta.
Quando si ritirò il padre il figlio gli disse tutto il fatto, il padre si armò e andò con il figlio a casa di Mezzo Culo.
Quello come li vide disse: “Che volete?!”, “Tu, rispose il padre, hai ucciso la mia famiglia e ora io ucciderò te!”.
“No, diceva Mezzo Culo, non sono stato io!”. “Non è vero, disse il figlio, io l’ho visto, papà e stato lui, uccidilo!”.
Senza che Mezzo Culo potesse gridare aiuto con la schiuma alla bocca il padre lo uccise.
Tornò alla casa, come entrò prese una medicina, che poi era la Manna di San Nicola, per far resuscitare le persone e la buttò su tutti i figli e la moglie.
Quelli subito si rianimarono e vissero tutti felici e contenti.
Storia mia non è più, male a loro e bene a noi.
EL DIEGO
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Messaggio  cristiano Gio Mag 08, 2008 12:24 pm

Vi regalo una serie di detti baresi...

Carna triste non la vole u diàue e manghe Criste (La gente cattiva non l'accetta nemmeno Dio)
Ce bedde uè parè u uess pezzidde t'àv'a duè (Chi bello vuole apparire, un poco deve soffrire)
Sanda Tarese pagò pe sendì e iì sèndeche ndune (letteralmente: Santa Teresa pagò per sentire e io sento gratis; ossia: è meglio che taci poiché dici cavolate)
'U tavute non tene le palde (La bara non ha tasche; ovvero Una volta morto i soldi non servono.
Nu tuffê do, nu tuffê dà, fing alla finê ngê'la ma fà (Riusciremo con calma)
Ce nge n'am'a scì, sciamaninne, cê non nge 'am'a scì, non nge ne sime scenne! (Se ce ne dobbiamo andare andiamocene, se non ce ne dobbiamo andare non ce ne andiamo. Scioglilingua per provare la "pugliesità" di un soggetto.
'U pulpe se cosce iinda all'àcqua sojè (Il polpo si cucina nella sua acqua)
Dalle e dalle che se chieche u metalle(Chi la dura la vince)
Si fatte la fegura to! (Hai fatto la tua figura)
Facime la fine de le scarcioffe' (Facciamo la fine dei carciofi)
Avime fatte trende, facimê trendune' (Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno)
Si cadutê da jind'au littê' (Sei caduto da dentro il -lett. "al"- letto)
Passatê u sande passate la feste! (Ogni cosa a suo tempo)
Ammandìneme ca t'ammandenghe! (Mantienimi che ti mantengo)
Stame sott'au cìele! (Siamo sotto il -lett. "al"- cielo)(notare come la ìe di cìele diventa, con la e semimuta una "i" allungata)
E iune!.....disse cudde ca cecò l'ècchie a la megghiere' (E uno!...disse quello che cecò un occhio alla moglie)
Mazze e paneddê fàscene le fìgghie bedde; pane senza mazze fasce le fìgghie pazze (Bastone e pane fanno i figli garbati, pane senza bastone rende i figli sgarbati)
U Padreterna da u pane a ci non tene le dìendê! (Il padreterno dà il pane a chi non ha i denti)
Ci tene pane non tene dìende, ci tene dìende non tene pane (ad ognuno manca qualcosa che ha l'altro)"
Ci sckute ncìele mbacce le vene (Non sputare in cielo, poiché ti tornerà in faccia)
La cere se strusce e la pregessione nan camine' (Le risorse si consumano, ma il risultato non si vede)
Sciame a scette la sccosce (Andiamo a buttare l'immondizia)[attenzione in frasi rette dal verbo scì a = andare a ed il verbo stà a = stare a non si usa l'infinito ma l'indicativo vedi grammatica del Giovine]
L'àcqquê iè picche e la papêrê nan gallegge' (L'acqua è poca e la papera non galleggia, usato per indicare una qualsiasi intenzione che non può andare avanti per mancanza di possibilità)
Jè bell la pulizie, dcie cudd ca s jrò l mutand all'ammers!!! (È un sollievo essere puliti, disse colui che indossò le mutande al contrario)
U vov discj crnut o ciucc!!! (Il bue disse cornuto all'asino)
Di a dà l schcaf a du a du fin a che non dvendn dispr!!! (Ti tiro i ceffoni a due alla volta fino a che non diventano dispari)
Va a pigghj a schcaf l marang p fal dvndà rus!!! (Vai prendere a schiaffi le arance per farle diventare rosse)
A scanjat caz p fcaz e chigghiun p lambashun!!! (Hai scambiato cazzi per focacce e coglioni per lamponi. Hai preso fischi per fiaschi)
U uòmmene da la tèrre vène a la tèrre se ne và. (L’uomo dalla terra viene e alla terra va)
Oggnùne tire l’àcquè a la vìa so. (Ognuno tira l’acqua al suo mulino)
Arrèvate a la quarandìne lasse la fèmmene e ppìgghie la candìne. (Arrivato ai quarant’anni lascia la compagnia delle donne e frequenta quella degli amici)
Le dìscete de la mane non zzò ttutte euàle. (Le dita della mano non sono tutte uguali)
O uòmmene sènza varve e a ffèmmene senza fìgghie, non zi scènne né pe piacère né pe chenzzìgglie. (A giovani inesperti e donne senza figli non andare a chiedere consigli: non hanno esperienza)
Na porte s’achiùte e ccìinde se iàbbrene. (Una porta si chiude e cento se ne aprono)
U cemmerùte e ggamme settìle, non iè iòmmene pe ffà le file. (Il gobbo con gambe sottili non è uomo idoneo per fare figli)
Nessciùne zzèppe iè dritte. (Nessuno zoppo è dritto. (Chi ha difetto fisico ha difetti nell’animo)
Iòmmene pelùse iòmmene ferzzùse. (Uomo peloso uomo forte)
U lènghe iè bbuène a ccògghie fiche, e u curte pe marìte. (L’uomo alto è buono per cogliere fichi, il basso è buono come marito)
U muerte iè muerte, penzame a le vive. (Il morto è morto, ora pensiamo ai vivi)
Ci tratte se mbbratte. (Chi tratta con lo zoppo impara a zoppicare)
Nessciune nasce ambarate. (Nessuno nasce istruito)
Cê non vole fà nu chilometre ne fasce du. (Chi non vuole fare un chilometro ne percorre due)
U sàzie non crede au desciune. (Il sazio non crede all'affamato)
Non si sckut iinde o piatt addò te si strafquate (Non sputare nel piatto da dove hai mangiato a sazietà: usato per chi parla male di qualcosa che gli ha permesso di vivere ad esempio un vecchio posto di lavoro)
Ce Criste vole arroste l'ove (Se Cristo vuole arrostisce le uova; ovvero Se Dio vuole può tutto, perfino arrostire le uova, cosa decisamente impossibile)
Na parole ié picche e due so assai (Una parola è poca e due sono troppe: usato per dire a chi parla troppo, di stare zitto)
"Uè facce da du de novembre!!"(lett.-faccia da due novembre-ovvero faccia estremamente triste o brutta)
"Uè facce da cicche e ciacche!!"(Faccia da schiaffi!!!!)
" Iapre l'ècchie, ca ad achiùde non nge vole nudde!" (Apri gli occhi,perché a chiuderli ci metti poco,ovvero stai attento)
"Megghj nu quindal n'guedd che nu quind n'gul" = meglio un quintale sulle spalle che un quinto(200g) nel deretano
"Na parol d men e rtirete a cast" = corrisponderebbe in italiano a la parola è d'argento ma il silenzio è d'oro.
"L'acque ca non ha fatte, 'n'ciele sta" = la pioggia che non è caduta è ancora in cielo, ovvero quello che ci si aspetta possa succedere, probabilmente succederà
"C' spart', iav' la megghia part'" = chi ripartisce qualcosa tra molti, tiene la parte migliore per sè
"La figgh' iè citt', la mamm' la 'ndend'" = la madre capisce la figlia anche quando questa è in silenzio
"Sanda N'col' iè amand' d'l'f'rastiir" = San Nicola è amante dei forestieri, ovvero Bari è una città aperta a tutti
"La smbati' iè parend' a'la gocc'" = a volte la simpatia (o l'amore) tra due persone è inspiegabile quanto una morte improvvisa e accidentale
"Ann frnut l'tib dell coup long'" = I tempi dei cappelli larghi(es. napoleone)sono finiti. Frase utilizata per indicare il cambiamento dei tempi
"U curt non arriv e u frascd non ammanden'" = il basso non arriva ed il marcio non regge. Frase per indicare le avversità della vita
"N'sciunn ie perfett'" = Nessuno è perfetto
"La Gocc a la Rocc:<< Temb c vol, ma u buc t'u a fa >>" = letteralmente: La goccia dice alla roccia:<< Tempo ci vuole, ma il buco te lo faccio >>
"Criste non send l'ang'l d candà, a và sendì l'asn d ragghià!'"= letteralmente: Cristo non sente gli angeli di cantare, figuriamoci se sente gli asini di ragliare.
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Messaggio  EL DIEGO Gio Mag 08, 2008 5:35 pm

grande wikipedia...la roba che ho messo io l'ho presa da un portale barese che ne spiega il linguaggio


Very Happy Very Happy Very Happy
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